Dati storici sui vaccini salvavita

Dati storici sui vaccini salvavita

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Che i vaccini siano storicamente tra le principali conquiste della medicina e dell’umanità è ben noto. Un’idea della loro dimensione protettiva e salvavita può esser fatta per esempio per quanto riguarda gli Stati Uniti attraverso un  rapporto governativo di ampia osservazione dato che risale fino ai dati del primo Novecento, ora pubblicato su JAMA, dal quale risulta che le vaccinazioni contro tredici infezioni per le quali erano raccomandate abbiano ridotto la mortalità addirittura del 99%.

Le tredici infezioni sono difterite, pertosse, tetano, poliomielite, morbillo, parotite, rosolia, infezione da Haemophilus tipo b, epatite B acuta, epatite A, varicella, polmonite da Streptococco e vaiolo (per quest’ultimo in realtà la vaccinazione non è più raccomandata dal 1971).

Qualche dettaglio. Tra il 1936 e il 1945 le infezioni difteriche per esempio sono state più di 21mila all’anno e le morti 1.800, nel 2006 nessun decesso; oltre alla difterite il calo di mortalità e ospedalizzazioni è stato del 100% per poliomielite e vaiolo. Tra il 1953 e il 1962 oltre 500 mila casi annui di morbillo e 440 morti, nel 2006 solo 55 casi.

La parotite è crollata del 96% dalla vaccinazione obbligatoria, il tetano del 93, la pertosse del 92, i decessi per tetano e pertosse del 99. Per quattro malattie con vaccini relativamente recenti, epatite A e B, forme infettive da pneumococco e varicella, i casi e la mortalità sono diminuiti del 90. Dati sui quali far meditare gli attivisti anti-vaccinazioni, come svariati altri sulla ripresa di infezioni laddove si era abbassata la guardia con le immunizzazioni. (JAMA 2007;298:2155-63) .

Questi dati possono essere confrontati con quelli recenti legati alla introduzione in Francia e in Italia delle rispettive leggi che rafforzano il concetto di obbligo vaccinale legandolo all’accesso a scuole e asili.

Dopo il debutto delle nuove norme, il dibattito è tutt’altro che spento, anzi continua sia nell’opinione pubblica che nel mondo scientifico. Ad accendere i riflettori è ancora una volta la rivista ‘Nature’ che, dopo un editoriale sul caso francese dal titolo ‘Le leggi non sono l’unica via per incrementare l’immunizzazione’, pubblica un’analisi di tre scienziati italiani dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano: il virologo Roberto Burioni, diventato noto al grande pubblico per il suo impegno ‘social’ sui temi scientifici relativi ai vaccini, Anna Odone e Carlo Signorelli. Titolo: ‘Lezioni dal cambiamento della politica italiana sulle vaccinazioni’.

Gli esperti spiegano che “la nuova legge sembra funzionare. Dati preliminari mostrano che quasi un terzo dei bambini precedentemente non vaccinati, fra i nati negli anni 2011-2015, sono stati ora immunizzati. La diffusione del vaccino per polio e morbillo è aumentata rispettivamente dell’1% e del 2,9%”. L’analisi dei ricercatori si concentra sull’esperienza italiana con l’obbligo dell’iniezione ‘scudo’ per 10 malattie (Haemophilus influenzae tipo b, morbillo, parotite, rosolia, varicella, pertosse e i 4 già obbligatori difterite, tetano, poliomielite ed epatite B), cercando di offrire una “visione sul perché una tale legge sia stata applicata”, se funziona davvero e se c’erano alternative migliori.

“A differenza della Francia – fanno notare gli autori – la copertura vaccinale in Italia era diminuita in modo allarmante nei precedenti 5 anni”. Per esempio, ricordano, si era registrato “un crollo del 5,3% nel 2011-15 per il vaccino anti-morbillo. L’Italia si era successivamente classificata al sesto posto in tutto il mondo per casi di morbillo nel 2017″. Così “la vaccinazione è stata rapidamente resa obbligatoria”.

L’editoriale dedicato da Nature alla Francia esordiva precisando: “Una cosa è certa, l’immunizzazione diffusa è uno strumento vitale per la salute pubblica. Ma è molto più controverso, data la diversità delle norme etiche e culturali dell’umanità, imporre vaccinazioni a una popolazione”. Ed entrando nel merito delle scelte d’Oltralpe, proseguiva evidenziando che “a suo merito il Governo francese si è impegnato a rivedere annualmente la conformità e l’impatto della nuova legge. Ma in un Paese in cui la ‘liberté’ è uno dei tre pilastri del motto nazionale, una legge dalla mano pesante potrebbe avere un effetto che nessuno vuole: alimentare ulteriormente la resistenza infondata ai vaccini salvavita”.

“Rendere obbligatori i vaccini dovrebbe essere al massimo una soluzione tampone temporanea – è il senso della riflessione pubblicata dalla rivista scientifica – L’unica politica sostenibile” per il Governo francese “è adoperarsi per offrire all’opinione pubblica una forte argomentazione sui benefici delle iniezioni scudo e implementare una strategia più proattiva che possa estendere i già rispettabili tassi di copertura”.

In Italia la situazione di partenza sulle coperture vaccinali era diversa, chiariscono gli scienziati tricolore nel loro intervento. Si potevano scegliere vie alternative alla legge sull’obbligo? “Un’esperienza pilota in Veneto (5 milioni di abitanti) ha mostrato che non erano fattibili”, rilevano gli esperti. La strategia era di “sospendere le ex vaccinazioni obbligatorie e investire in educazione sanitaria per promuovere l’adesione volontaria al vaccino”, ricordano gli autori. Questo “ha portato, ad esempio, a un calo nella copertura per il vaccino antipolio nel 2006-2016 del 5,2% in Veneto rispetto al 3,3% a livello nazionale”, sottolineano. “Come rappresentanti della salute pubblica – è la conclusione di Burioni e colleghi – noi riconosciamo che l’azione del Governo è epidemiologicamente giustificata. Tuttavia, l’intervento proattivo è ancora necessario per migliorare l’adesione al vaccino e promuovere la fiducia del pubblico verso lo strumento”.

“Penso che nei dati c’è un’indicazione del fatto che in Italia sta cambiando l’atteggiamento nei confronti delle vaccinazioni“, commenta Burioni all’AdnKronos Salute. “Non sappiamo – spiega – se è solo per la legge sull’obbligo o se a incidere è stato anche un maggior impegno di medici e scienziati nell’informare.

Nel 2017 sono state inserite nel sistema di farmacovigilanza 1.307 segnalazioni, otto su 10 non gravi. Le segnalazioni di sospette reazioni avverse considerate gravi erano nella maggior parte dei casi a carattere transitorio, con risoluzione completa dell’evento segnalato e non correlabili alla vaccinazione .

Per lo 0,8% dei casi (10 persone) si sono registrati dei decessi, di cui otto risultati “non correlabili” con la vaccinazione e i due restanti sono stati classificati come “indeterminati”.

Nel 2017 sono nati 464.000 bambini. Di questi è presumibile siano stati vaccinati dall’85 al 93% circa (la percentuale varia a seconda del vaccino considerato.). Anche prendendo in considerazione la percentuale più bassa, abbiamo che in quell’anno la percentuale degli eventi avversi (1307) su 394.000 (85% del totale) vaccinazioni ammonta allo 0,3317%.

Attendiamo i dati del 2018 per dare un’opinione definitiva

marco

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