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da faropediatrico.com
Con il termine PFAPA intendiamo una patologia che si manifesta con vari sintomi e rientra nella categoria delle febbri periodiche ricorrenti. E’ stata identificata per la prima volta nel 1987 ed identificata come Sindrome di Marshall, compare solitamente nelle prima infanzia, tra 2 e 5 anni, è più frequente nei maschi e non riconosce alcuna familiarità. Non sono ancora completamente noti i meccanismi scatenanti ma si presuppone che sia legata ad un’alterazione dei meccanismi che regolano l’infiammazione. E’ stato anche teorizzato che la causa possa essere la riattivazione della virulenza di un adenovirus latente ma questa al momento resta solo un’ipotesi non adeguatamente supportata da dati scientifici. La PFAPA sembra quindi non essere una malattia infettiva, in ogni caso si tratta di una patologia non contagiosa, ad evoluzione positiva spontanea che però può durare per qualche anno.
I sintomi caratteristici della PFAPA sono:
- febbre
- adenopatia laterocervicale (ingrosssamento dei linfonodi situati ai lati del collo)
- faringite
- stomatite aftosa.
La febbre, generalmente elevata (tra 38° e 40°), ha sempre le stesse caratteristiche (perciò febbre periodica ricorrente), si ripete infatti ciclicamente, di solito ogni 28-30 giorni (sono però registrati periodi di benessere anche di 30-45 giorni) e dura per un periodo variabile dai 3 ai 6 giorni. Alla febbre possono associarsi i sintomi classici di una sindrome influenzale quali brividi, spossatezza, cefalea, inappetenza. Il bambino gode di completo benessere tra gli episodi.
L’adenopatia laterocervicale è un altro sintomo caratteristico, la riscontriamo in 9 casi di PFAPA su 10; i linfonodi sono ingrossati (potendo raggiungere le dimensioni di una nocciola), leggermente dolenti alla palpazione e mobili. Oltre che dolenti i linfonodi possono essere anche arrossati e caldi.
La faringite, cioè il mal di gola, è presente in 7 casi su 10; solitamente è di modica entità, quasi sempre associata a tonsillite non essudativa o purulenta.
La stomatite aftosa la troviamo in 7 casi su 10, le afte sono localizzate prevalentemente alla mucosa interna del labbro e delle guance, sono molto piccole.
Non tutti i bambini presentano sempre una sindrome PFAPA completa, l’unico sintomo sempre presente è la febbre. Un’altra caratteristica di questo quadro patologico è la completa assenza di sintomi respiratori.
Come si fa la diagnosi di PFAPA
La diagnosi della sindrome PFAPA si fa essenzialmente sul quadro clinico, si considerano però diagnostici i seguenti criteri:
- 3 o più episodi febbrili, della durata massima di 5 giorni e che si manifestano ad intervalli regolari
- faringite ed adenopatia laterocervicale o stomatite aftosa
- stato di buona salute e crescita normale tra gli eventi febbrili.
- Di solito prima di fare la diagnosi va fatta una meticolosa osservazione dei sintomi per almeno 6 mesi.
Per quanto riguarda gli esami di laboratorio le alterazioni più classiche sono:
- aumento modesto degli indici infiammatori soprattutto VES (velocità di eritrosedimentazione o velocità di sedimentazione delle emazie) e PCR (proteina C reattiva) ma solo durante la fase acuta e non nel periodo che intercorre tra i vari episodi,
- lieve leucocitosi cioè aumento dei globuli bianchi
- assenza di neutropenia (cioè della riduzione dei granulociti neutrofili che sono una categoria di globuli bianchi) tipica di molte altre malattia infiammatorie su base infettiva
- assenza di sintomi respiratori
- tampone faringeo sempre negativo.
Per quanto riguarda la diagnosi differenziale in presenza di questi sintomi è necessario escludere la mononucleosi che può causare febbre, adenopatia laterocervicale e faringite.
Vuoi sapere di più sulla mononucleosi? Leggi l’articolo dedicato : Mononucleosi
Non sono assolutamente utili, ai fini diagnostici, esami strumentali quali radiografie, tomografia computerizzata (TC) o risonanza magnetica nucleare (RMN), l’unica eccezione può essere rappresentata dall’ecografia del collo per lo studio delle caratteristiche dei linfonodi laterocervicali.
Qual è la terapia della sindrome PFAPA?
La febbre ricorrente della PFAPA si caratterizza per una scarsa risposta alle terapie antipiretiche abituali basate sull’utilizzo di Paracetamolo (ad es. Tachipirina, Acetamol) ed Ibuprofene (ad es. Nurofen) mentre si ha una risposta immediata ad una singola somministrazione di cortisone soprattutto Betametasone (ad es. Bentelan).
Negli studi osservazionali effettuati su larga scala si è visto però che la somministrazione abituale di cortisone durante gli accessi febbrili si associa ad un aumento della frequenza degli episodi di PFAPA per cui l’utilizzo di questo farmaco va riservato solo ai casi in cui la febbre si associ ad altre complicanze (es. convulsioni febbrili) o sia particolarmente invalidante e sempre dietro indicazione del pediatra.
- La sensibilità della febbre della PFAPA al cortisone è così caratteristica che viene utilizzata addirittura come criterio diagnostico, cioè se non si ha abbassamento della febbre dopo aver somministrato una dose di cortisone con molta probabilità non si tratta di PFAPA.
Assolutamente sconsigliata, quindi da evitare, la somministrazione di antibiotici anche nei casi in cui la febbre duri più di 3 giorni.
L’intervento di tonsillectomia (cioè di rimozione delle tonsille) pur non essendo un trattamento di routine a volte viene presa in considerazione, specie quando la gestione degli episodi risulta complicata e interferisce anche con l’alimentazione e quindi con la crescita del bambino. Le più recenti tecniche per la tonsillectomia, grazie all’utilizzo del laser e delle radiofrequenze, in realtà non si basano più sulla completa asportazione delle tonsille bensì sulla “vaporizzazione” delle aree non sane, l’intervento è molto meno cruento rispetto al passato ed ha un bassissimo impatto sulla vita del bambino. Si è visto che dopo l’intervento il numero e l’intensità degli episodi si riduce sensibilmente ed aumenta anche il periodo di benessere tra i vari accessi febbrili.