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da dire.it
Diversi sin dalla nascita. Maschi e femmine non sono uguali di fronte alla salute e le differenze riguardano sia la prevalenza di patologie, sia la risposta alle terapie, sia la prognosi. Alcune diversità si manifestano già nelle prime età della vita, altre diventano più evidenti dopo la pubertà e in età adulta. Così la bronchiolite, malattia infettiva dovuta in prevalenza al virus respiratorio sinciziale (Rsv) che colpisce i bambini sotto i 2 anni, ha un’incidenza più elevata nei maschi, che hanno anche un rischio del 50% più alto di sviluppare una forma grave rispetto alle femmine. Ma la possibilità di andare incontro alla pubertà precoce è da 10 a 20 volte superiore nelle bambine rispetto ai bambini. E se la scoliosi ha una prevalenza sino a 7 volte maggiore nelle ragazze, i disturbi dello spettro autistico sono 4 volte più frequenti nei maschi.
Per aiutare i genitori a orientarsi la Società italiana di pediatria, in occasione del 77° Congresso italiano di pediatria, in corso a Sorrento, ha diffuso la prima Guida sulle differenze di genere nell’infanzia e nell’adolescenza. “Nel 2019 la Sip ha creato un gruppo di studio sulla medicina di genere in pediatria con l’obiettivo di promuovere un nuovo approccio alla medicina, dal neonato all’età adolescenziale, che ponga una maggiore importanza alle differenze determinate dal sesso e dal genere. Numerose sono le patologie anche in ambito pediatrico in cui si osservano differenze tra i due sessi: conoscerle può migliorare la prevenzione, la prognosi e ridurre le complicanze”, spiega la presidente Sip Annamaria Staiano.
“Le statistiche e i numeri non ci spiegano ancora se la causa di queste diversità risieda in fattori genetici, metabolici, ormonali, ambientali o in altro ancora- aggiunge Isabella Tarissi de Jacobis, segretario del gruppo di studio sulla medicina di genere della Sip- Sensibilizzare non solo i medici, ma anche i genitori, a questo nuovo approccio può creare la giusta sinergia affinché diventi sempre più concreto un percorso clinico differenziato e indirizzato al genere”. Il sistema immunitario funziona diversamente nei maschi e nelle femmine: nel sesso femminile è infatti più ‘efficiente’. Le differenze sono meno pronunciate in età pediatrica rispetto all’età adulta (proprio perché il sistema immunitario nei bambini è in via di sviluppo), tuttavia alcune diversità si manifestano sin dalle prime età della vita. I neonati e lattanti maschi sono più suscettibili alle infezioni respiratorie, ma anche, come è stato dimostrato nei Paesi in via di sviluppo, alle infezioni protozoarie come malaria e leishmaniosi. Nei maschi, inoltre, il rischio di tubercolosi è doppio rispetto alle femmine, maggiore è anche la suscettibilità all’infezione da virus dell’epatite B.
Dall’altro canto la maggiore reattività del sistema immunitario nelle femmine può sfociare in forme gravi di malattia e nella comparsa di autoimmunità. Il sesso femminile totalizza quasi l’80% dei casi di lupus eritematoso sistemico e di malattie tiroidee autoimmuni. Il sesso, insomma, può giocare un ruolo notevole nel condizionare l’efficienza del sistema immunitario, e se nel bambino ciò ha relativa importanza, queste differenze possono avere maggiore valore nell’adolescenza per il ruolo degli ormoni nel condizionare la funzione del sistema immunitario e per la più elevata probabilità di un effetto condizionante dei fattori ambientali. Un’altra patologia che vede il sesso maschile più svantaggiato è la malattia di Kawasaki, di cui molto si è parlato nell’ultimo anno per il suo legame con la Mis-C, una complicanza pediatrica del Covid-19. La malattia di Kawasaki è una vasculite pediatrica, il cui decorso può essere complicato da dilatazioni vascolari, soprattutto se non trattata adeguatamente. L’incidenza è superiore (in un rapporto di 1,6 a1) nei maschi, che hanno anche un maggior numero di complicanze e rispondono di meno alla terapia di prima linea rispetto alle femmine. Tra le patologie del fegato la Nafld (malattia epatica associata a disfunzione metabolica) ha una maggiore prevalenza nel sesso maschile, in adolescenza gli ormoni femminili sembrerebbero avere un ruolo protettivo riducendo il rischio di sindrome metabolica.
Le bambine sono più svantaggiate per alcune patologie dell’apparato scheletrico-articolare. La displasia congenita dell’anca è più frequente nel sesso femminile, così come la scoliosi idiopatica adolescenziale che nelle femmine ha anche un’insorgenza più precoce, legata all’anticipato sviluppo puberale e una maggiore probabilità di progressione e di impatto psicologico. Nelle scoliosi lievi-moderate il rapporto tra ragazze colpite e ragazzi è simile (1,3 su 1), ma le differenze aumentano nelle scoliosi più importanti passando a 5,4 femmine colpite su 1 maschio per arrivare, nelle forme più gravi, a un rapporto di 7 a 1. E’ importante che nelle bambine lo screening per la scoliosi sia più precoce in relazione anche all’anticipato sviluppo puberale rispetto ai maschi. E maggiore attenzione dovrebbe essere prestata al sesso femminile per monitorare la possibile comparsa di segni di pubertà precoce, che nelle bambine ha un’incidenza dalle 10 alle 20 volte superiore rispetto ai maschi. Inoltre, nel 90% dei casi la pubertà precoce nelle bambine è idiopatica (ossia non ha una causa riconosciuta), mentre nei maschi la forma idiopatica riguarda il 60% dei casi.
Il sesso femminile sembra inoltre più svantaggiato anche per la celiachia che colpisce per 2/3 la popolazione femminile e per 1/3 quella maschile. In età pediatrica la celiachia sembra anche presentare altre peculiari differenze di genere, ad esempio nelle bambine sotto i 14 anni sembra prevalere la presentazione classica con anemia sideropenica e con una minore percentuale di patologia silente.
Differenze ci sono anche nell’area neuropsichiatrica e comportamentale. I disturbi dello spettro autistico sono in aumento esponenziale (1 su 54 negli Usa nei bambini di 8 anni, 1 su 77 tra 7 e 9 anni in Italia) ma le stime di prevalenza indicano che i maschi ne sono affetti con una frequenza circa 4,4 maggiore rispetto alle femmine. Studi in letteratura riportano come le caratteristiche cliniche nel sesso femminile siano frequentemente sfumate e dunque possano più facilmente sfuggire alla diagnosi.
Le bambine sembrano avere migliori competenze comunicative, con un vocabolario più ampio e maggiori capacità di esprimere stati emotivi e un minor numero di comportamenti disfunzionali. Tuttavia, sono ancora poche le informazioni sul ruolo del genere nella sintomatologia, funzionamento, qualità di vita nel lungo periodo.
Tra i disturbi adolescenziali, quelli del comportamento alimentare sono stati considerati per lungo tempo patologie prevalentemente femminili, con un rapporto maschi – femmine di 1 a 10. Recentemente l’età di esordio si è abbassata notevolmente e si è assistito ad una maggiore diffusione di forme “aspecifiche” che tendono a manifestarsi in entrambi i sessi. Attualmente la prevalenza è 1 maschio affetto ogni 4 femmine nell’ anoressia e 1 ogni 8-11 femmine nella bulimia. Le differenze tra i sessi sono meno pronunciate per il Disturbo da alimentazione incontrollata (Dai). E anche il bullismo risente delle differenze di genere. Secondo un’indagine condotta dall’Istat le ragazze risultano essere vittime soprattutto di violenza psicologica (68% dei casi), mentre tra i maschi, la violenza psicologica rappresenta il 35% dei casi. Prendere in giro per l’aspetto fisico o il modo di parlare è più frequente tra ragazze (7,1% femmine rispetto al 5,6% maschi), mentre botte, calci e pugni sono più frequenti tra i maschi (2,2% femmine rispetto al 5,3% maschi). Le ragazze, inoltre, si confidano di più con amiche e parenti (solo poco più del 25% preferisce tacere) magari nella speranza che l’episodio sia isolato, mentre il 33% dei ragazzi preferisce la via del silenzio.