Bambini: ecco perché d’inverno si ammalano di più

da sanitainformazione.it

Le infezioni respiratorie acute costituiscono la principale causa di malattia nei bambini e la loro incidenza aumenta nei mesi freddi. «Sono spesso motivo di ansia, visite, terapie e ricoveri – dice Carlo Alfaro, pediatra, membro della Sima, la Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza, in un’intervista a Sanità Informazione -. Ma nella stragrande maggioranza dei casi – assicura – hanno un decorso benigno e favorevole». Si stima che nei primi tre anni di vita i bambini vadano incontro in media a sei-otto episodi di infezioni respiratorie l’anno. Il processo patologico è analogo in tutti i casi con infiammazione ed edema della mucosa, congestione vascolare, ipersecrezione di muco. «L’immissione precoce in comunità – come i bambini che frequentano l’asilo nido o la scuola materna – e il fumo passivo rappresentano i principali fattori favorenti», aggiunge lo specialista.

Le cause

I motivi per cui i bambini si ammalano spesso in inverno si possono ricondurre essenzialmente a quattro grandi capitoli: l’effetto del freddo sui meccanismi di protezione dell’apparato respiratorio, la vita al chiuso, la perdita dell’effetto protettivo del sole e la naturale predisposizione dei bambini ad ammalarsi. «Il primo motivo per cui i più piccoli si ammalano di più durante la stagione invernale –

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Diagnosi di appendicite acuta facilitata da due indici infiammatori facilmente calcolabili

da pacinimedicina.it

Non sarà forse appendicite?“Devo andare in pronto soccorso?” “Sarà necessario l’intervento chirurgico?”. Sono questi i classici dilemmi che i genitori sottopongono inevitabilmente al proprio pediatra alla comparsa di addominalgia, soprattutto se improvvisa, inspiegabile o non direttamente correlabile a una causa oggettiva. In effetti, in ambulatorio come pure in pronto soccorso, l’appendicite acuta si profila come una patologia subdola, sia perché le sue manifestazioni – solitamente febbre, nausea e vomito – sono alquanto eterogenee, variabili e aspecifiche, sia perché un errato inquadramento clinico può portare, a seconda dei casi, a un intervento inappropriato o, al contrario, allo sviluppo di complicanze gravi, a un elevato rischio di sepsi o perfino a un esito letale. Malgrado gli strumenti attualmente disponibili, è particolarmente sentita l’esigenza di velocizzare la risposta a un eventuale dubbio diagnostico e quella di ridurre il più possibile il margine di incertezza: in tale contesto va da sé che l’esame emocromocitometrico non può che proporsi come una strategia ottimale, essendo già integrato nella normale pratica clinica, di facile esecuzione e di basso costo.

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Disturbi del linguaggio per il 7% dei bambini. Troppi senza diagnosi

da doctor33.it

In Italia soffre di Disturbo primario del linguaggio (Dpl) un bambino su 14, pari al 7.6% della popolazione generale. Non tutti riescono però ad accedere alle cure, prevalentemente riabilitative, ad opera di logopedisti professionisti. Per individuare al meglio chi soffre di questa patologia la Federazione logopedisti italiani (Fli) ha lanciato, in occasione della settima Giornata Internazionale della consapevolezza (prevista il 20 ottobre), un identikit in 10 punti del disturbo. “Una persona con DPL può raggiungere il successo scolastico, professionale e sociale se riceve un buon supporto”, “Chi ha un Dpl non sembra diverso dagli altri e il disturbo può non essere subito evidente”, “Una persona con Dpl ha difficoltà di linguaggio non di intelligenza”, “Il Dpl è una condizione che dura tutta la vita”, “Il Dpl interessa persone di tutti i popoli del mondo e di tutte le classi sociali”: questi alcuni dei punti dell’identikit.

“Il Dpl – spiega Tiziana Rossetto, presidente della Fli – è una ‘disabilità nascosta’ caratterizzata da manifestazioni molto eterogenee che vanno da importanti difficoltà nella realizzazione dei suoni del linguaggio, a un vocabolario ridotto o all’uso di frasi poco elaborate. In alcuni casi il bambino o la bambina può addirittura fare fatica ad intrattenere una conversazione, associate a difficoltà di tipo espressivo, di produzione e/o di comprensione del linguaggio”. “Il mancato riconoscimento delle difficoltà e di trattamento precoce – sottolinea Francesca Mollo, logopedista Fli – può avere ripercussioni sul benessere socio-relazionale ed emotivo in età infantile, scolare e adulta: un linguaggio poco fluido può causare la derisione da parte dei compagni”. “Per questo – prosegue Ilaria Ceccarelli logopedista Fli – è importante identificare precocemente le difficoltà linguistiche e garantire un supporto attraverso una presa in carico riabilitativa tempestiva. Da qui il nostro appello alle istituzioni, ai clinici, ai famigliari a unirsi in una azione condivisa di sensibilizzazione e conoscenza sulle necessità e gli ancora troppi bisogni non risolti di questo disturbo”.